La chiesa accende una luce nel buoi del coronavirus

In anteprima editoriale di Mariangela Parisi per il numero di marzo di inDialogo, in uscita domani con l'Avvenire

News

Come Avvenire, anche inDialogo, per tutto il periodo dell'emergenza coronavirus sarà leggibile gratuitamente.

Potrete quindi registrarvi ed accedere alle edizioni nazionale e locali su avvenire.it

Interessanti i temi che questo mese abbiamo approfondito, suggeriti proprio dai giorni difficili che stiamo vivendo. In particolare abbiamo dedicato due pagine alla tutela degli anziani in Campania e due alla vita ecclesiale 2.0 nata dalla creatività di parroci, associazioni laicali e servizi pastorali.

In relazione al secondo approfondimento, anticipiamo l'editoriale a cura di Mariangela Parisi:

La Chiesa accende una luce nel buio del coronavirus

Il buio fa paura a tutti. Nel buio si attende che qualcuno si faccia presenza, che qualcuno accenda per noi una luce, si faccia vista. In un altro, se c’è buio, è riposta la nostra speranza di vita. Questi giorni di notte sul Paese lo dimostrano, ogni gesto che viene posto in essere per arginare questo dannato virus è frutto di scelte fatte da un altro, da altri per noi. Dietro ogni gesto ci si accorge che ci sono ‘persone’. Torna in questi giorni forte questa parola, cara ai cristiani, e consente di dare il giusto valore alle cifre relative ai contagiati e ai deceduti: sono ‘persone’. Dopo mesi e mesi di sterili proclami su una presunta priorità delle vite di alcuni uomini rispetto a quella di altri, in questi giorni, si riscopre l’essere uguali nell’essere ‘persona’. E lo si scopre proprio perché l’unico modo per potersi salvare è stare lontano dalle altre ‘persone’. Eppure, la tutela della propria vita e quella dei propri cari non sembra essere motivo sufficiente per ‘stare a casa’, per stare in quarantena, anche senza sintomi, perché è l’unica prevenzione realmente efficace. Non basta perché senza ‘le relazioni’ la propria vita sembra priva di pienezza: la solitudine equivale al buio, e il buio fa paura. Da soli non si sa, non si può, non si vuole stare. Se molti però, irresponsabilmente, assecondano questo desiderio di ‘relazione’ violando le necessarie norme di sicurezza in vigore in questi giorni, moltissimi danno sfogo alla propria creatività per poter «comunicare». Che è più che il semplice passaggio di informazioni: «comunicare» ha la stessa radice di «comunità», communis, «esplicante – come evidenza Andrea Di Maio in Il concetto di comunicazione. Saggio di lessicografia filosofica e teologica sul tema del «communicare» in Tommaso D’Aquino, Editrice Pontificia Università Gregoriana, Roma, 1998, p.47) – un’idea di comunanza, di una comune partecipazione che rende possibile la relazione». E questo vale anche per i tempi di oggi caratterizzati da cambiamenti delle modalità comunicative legati alle nuove tecnologie. Ecco perché l’annuncio cristiano non può non abitare quella stanza della realtà che chiamiamo «virtuale». Ecco perché vescovi, presbiteri, laici, da soli o in associazione, servizi e uffici pastorali hanno con coraggio ‘impastato’ una pastorale 2.0 per portare «parole buone» online, per continuare a coltivare le relazioni esistenti e provare a farne nascere altre, per essere muro contro la solitudine e non lasciare nessuno indietro, soprattutto i più deboli. Aver messo su in pochissimo tempo questa «nuova» pastorale è gesto di grande coraggio: non si è pensato alla perfezione della modalità comunicativa, alla competenza nell’uso della tecnologia, ma si è data una risposta ad una domanda di presenza, si è tesa la mano perché nel buio generato dal coronavirus si accendesse una luce. Per migliorare la competenza ci sarà tempo, dopo. «Come Chiesa, – ha scritto il vescovo Marino nella lettera ai sindaci – sentiamo che il nostro compito in questo momento è soprattutto quello di essere ‘riserva di speranza’ e punto di connessione di legami che non vanno persi o indeboliti, ma anzi rafforzati e resi più autentici. Ci avviamo a una Pasqua ‘senza popolo’ che però, e non è un paradosso, sarà ‘popolare’ più che in altre circostanze, perché siamo fino in fondo immersi nelle vicende della nostra gente». Le nuove tecnologie non sovvertono l’«economia dell’incarnazione», anche online i cristiani sono «sentinelle del mattino» pronte ad annunciare, nella relazione, che c’è chi ha acceso per l’umanità un mattino senza fine, che il Signore è risorto, per questo la nostra fede non è vana. (1Cor 15, 14). 


← Torna all'archivio




Questo sito web utilizza i cookie
Questo sito o gli strumenti di terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento e utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più consulta la cookie policy. Chiudendo questo banner acconsenti all'uso dei cookie.
design komunica.it | cms korallo.it.