La scommessa cattolica. Un invito alla lettura

Pubblicato nel 2019, il libro di Chiara Giaccardi e Mauro Magatti traccia la mappa delle principali sfide e delle grandi possibilità per il cristianesimo in questo tempo

Finalmente ho avuto un po’ di tempo per leggere La scommessa cattolica di Chiara Giaccardi e Mauro Magatti, due sociologi (sono marito e moglie ed entrambi insegnano alla Cattolica di Milano), che spesso commentano anche l’attualità del nostro Paese su alcuni dei più importanti quotidiani italiani. Il libro è edito da Il Mulino ed è uscito l’anno scorso.

Di cosa parla? I due autori, in quasi 200 scorrevoli pagine, tentano di mostrare da un lato le sfide che attendono il mondo cattolico (a tutti i livelli: pensiero, pastorale, istituzione), dall’altro, in modo speculare, le chances che quest’ultimo può giocarsi per riannodare i fili col mondo moderno che in verità, soprattutto in Occidente, sembrano alquanto usurati, e quasi sul punto di spezzarsi definitivamente.

Il saggio offre anzitutto un’analisi dei principali nodi critici della modernità, insistendo in particolare sul “modello” di ragione che, a detta dei nostri autori, appiattendosi oltremodo sul livello “strumentale”, avrebbe sì guadagnato in efficacia e capacità di dominio sugli enti della natura e sui loro processi (aumentando così il livello di benessere di una quota non irrilevante di essere umani), al prezzo però di smarrire la “profondità”. Il risultato è una ragione incapace di trovare posto alla fondamentale ricerca di senso che abita ogni persona, condannando l’uomo contemporaneo ad aggirarsi insoddisfatto nella gabbia dorata e claustrofobica di un mondo tanto noto nei suoi meccanismi quanto, alla fine, muto alle domande di senso, con le conseguenze negative note a tutti.

«Eccoci dunque al cuore della questione contemporanea: - si legge a pagina 57 - avendo individualizzato e immanentizzato la tensione eccentrica che il cristianesimo ha immesso nella vicenda occidentale, la società della tecnica si incatena al superamento compulsivo – che finisce con il diventare mortifero – di ogni limite». In altri termini, questo modello di comprensione del mondo solo tecnico-strumentale non è affatto, come può pensare l’uomo della strada, una metafisica dei libri. No, si tratta al contrario di una prassi che dà forma alle nostre comunità, alla nostra economia, alla nostra politica, il cui esito è un individuo sradicato dalle domande di senso, indotto a consumare, cercando di placare con l’eccesso ( di cose e di “esperienze”) la sede di eccedenza (di vita). Vengono in mente le pagine di Marcuse (L’uomo a una dimensione), quelle di Heidegger, di Husserl (La crisi delle scienze europee), anche se gli autori, che ben conoscono le riflessioni ora citate, seguono il filo conduttore delle analisi di Romano Guardini  e Michel De Certeau, incrociandole con altre numerose fonti.

Il risultato è che il cristianesimo, che pure ha contribuito in modo decisivo alla nascita di quello che chiamiamo “soggetto moderno”, viene ora percepito come controparte del processo di progressiva (ambigua) “liberazione” dell’individuo, il quale giustamente reclama la propria autonomia, confondendola però talvolta con l’autarchia. Il testo, allora, approfondisce a questo punto la ricognizione critica, individuando nell’ “astrazione” e nella creazione di “dualismi” uno dei principali problemi della ratio moderna, riverberatosi poi nella costruzione delle nostre società (e anche nella comunità ecclesiale stessa), che non sanno trovare la via per armonizzare le polarità crescenti tra individuo e comunità, libertà e sicurezza, identità e globalità, crescita e sostenibilità, carisma e istituzione, teoria e pratica.

Non si può che ripartire, secondo i due autori, da un allargamento dell’idea di ragione, attingendo alla dimensione del “paradosso” valorizzata proprio dal cristianesimo fin dai suoi inizi. Qui l’analisi di Giaccardi e Magatti, anche se non esplicitamente, mostra a mio parere come sia possibile una controlettura della modernità, facendo emergere una sorta di “canone minore”, o alternativo alla linea razionalistica e idealistica (Cartesio-Kant-Hegel) che, connettendo autori quali Pascal, Kierkegaard, Newman, il già citato Guardini, Florenskij etc., può condurre oltre l’immanentismo e il dominio della ratio tecnica, verso un soggetto aperto alla trascendenza e una ragione capace di cercare la propria autonomia senza disconoscere o tentare di dominare il legame originario con la realtà e la vita (in tale ottica, ho apprezzato il richiamo ad alcuni passaggi del nostro Augusto Del Noce, a mio modesto avviso troppo frettolosamente accantonato dall’accademia mainstream). Nel cristianesimo, infatti - a proposito di paradosso - spirito e carne, tempo ed eternità, Dio e mondo, morte e vita, libertà e legame, non rappresentano coppie di opposti che aspettano di essere separati, ma polarità che restano inscindibilmente relate nella distinzione, sulla scia del dispositivo concettuale di Calcedonia, che illustra però la logica più profonda della vita, per chi sa andare oltre le spiegazioni “di scuola”.

Interessante, seguendo questa trama, come i due autori riescano a legare insieme il pontificato di Benedetto XVI e quello di Francesco: al netto delle innegabili differenze di sguardo tra i due, Giaccardi e Magatti scorgono una continuità (concetto talvolta confuso con quello di contiguità, per fortuna non dai nostri autori) nelle loro visioni. Da un lato, il Papa emerito ha visto con lucidità e denunciato con coraggio i limiti dell’impianto della ragione moderna, dall’altro Papa Francesco, raccogliendo questa eredità, ci invita opportunamente a trovare una risposta non entro l’ambito teorico (intellettualistico), ma in quello della prassi.

Per rispondere a tali esigenze, i termini cui guardare – e in questo il “genio cattolico” avrebbe molto da dire – sono libertà e concretezza. La libertà dei moderni, secondo i nostri autori, va riguadagnata alla sua radice interpersonale, cosmica e trascendente: senza il legame inscindibile con l’altro, la natura e la dimensione dell'ulterioità, la libertà è solo “libertà-da”, mentre il cristianesimo ha le risorse per ridire oggi in modo convincente la “libertà-per”; la concretezza è l’altro grande fronte in cui il cristianesimo – e il cattolicesimo in particolare – avrebbe oggi tanto da offrire, a patto che si capisca bene cosa vuol dire ‘concreto’: non il dato di fatto del superficiale populismo degli anti-intellettuali (che sono sempre di più oggi), che contrappongono il pensiero e la vita, ma la capacità di tenere insieme l’intero, il tutto, senza però sacrificare le parti, anzi, valorizzando ogni parte in relazione al resto, in un’ottica integrale e plurale. Occorre di certo un’enorme ritorno su questioni basilari che toccano, insieme, il livello della riflessione culturale come quello della pastorale (che circolarmente si tengono). Un compito che potrà essere svolto solo in ascolto del Concilio Vaticano II, che ha fatto del dialogo critico con la modernità il suo leit motiv , che chiede di essere proseguito.

Il testo è scritto in un modo accessibile ai più. Costa sui 15 euro, la versione digitale sui 10 euro.




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