Maria Di Magdala prima testimone del Risorto

Video-Lectio su Gv 20,11-18 a cura del Responsabile del Servizio per l'Animazione Biblica

 

a cura di don Fernando Russo

responsabile per il Servizio di Animazione Biblica




Testo di accompagnamento alla Video-Lectio su Gv 20,11-18

 

Maria di Magdala è la prima Testimone della Risurrezione di Cristo e prima depositaria del nuovo annuncio, rivolto ai discepoli, secondo la Versione dell’Evangelista Giovanni. Il testo di riferimento è appunto Gv 20,11-18, che costituisce il naturale seguito dei primi dieci versetti dello stesso capitolo venti. In Gv 20,1, infatti, è proprio Maria di Magdala a scoprire la tomba vuota, di buon mattino, dopo il sabato ed è sempre lei a correre dai discepoli per avvisarli (Gv 20,2-3)

Nel ritornare al sepolcro, al seguito di Pietro e del discepolo che Gesù amava, Maria si tiene in disparte, al di fuori del sepolcro, ma sbircia all’interno (Gv 20,11), per capire, forse, cosa stia accadendo. Al v. 12 è scritto che vide due angeli in bianche vesti. L’evangelista ci descrive anche la posizione che ricoprivano all’interno del sepolcro. Uno era seduto dalla parte dei piedi e l’altro dalla parte della testa, dove era stato sepolto Gesù. Con il v. 13 gli angeli sono gli angeli ad informare il lettore che Maria, mentre “sbircia”, piange e lo fanno con una domanda precisa: ”Donna, perché piangi?”. Maria risponde:”Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto!”. Al v. 14 Maria si volta di scatto e scorge la figura di un uomo. Formula, così, una prima “ipotesi” sull’identità dell’uomo misterioso. Il verbo adoperato è, infatti “Theorèo”. Il secondo verbo, con cui è indicato il “sapere”, accompagnato dalla particella di negazione “non”, è “orào”, che vuol dire soprattutto “vedere”, ma al perfetto e al piucheperfetto assume significato di “sapere”. Non si può “sapere” ciò che non si “vede”. Non si può dire di conoscere, se non si è penetrato in profondità, attraverso una visione profonda della realtà. Quindi, volendo riassumere, Maria è ferma a ciò che crede di vedere e quel che crede di vedere resta un’ipotesi.

Ci pensa, però, il v.15 a sfatare la o le ipotesi. L’uomo misterioso, che è ancora alle spalle di Maria domanda la stessa cosa che domandano gli angeli: ”Donna, perché piangi?”. L’Evangelista svela il contenuto della prima ipotesi al lettore. Maria è convinta che l’uomo misterioso sia il custode del giardino. Nella risposta di Maria al “presunto custode” c’è addirittura una seconda ipotesi: ”Signore, Se lo hai portato via tu, dimmi dov’è e io andrò a prenderlo”. Si noti come Maria chiama il “presunto custode” Signore=Kyrie, elemento di non poco conto. Inoltre, oltre ad essere prigioniera delle ipotesi, Maria è anche ferma all’orizzonte del “prendere”, “afferrare”, con una medesima costellazione di verbi che raccontano il passaggio di Gesù di mano in mano. Nei Vangeli è molto accentuata la dimensione delle mani. Sono appunto mani che cercano di toccarlo, per ricevere la guarigione. Sono le mani della folla, che agitano rami e fronde, per acclamarlo come “Messia”. Sono le mani, che accompagnano la folla che grida a Pilato:”Croficiggilo!” Sono le mani che lo “afferrano”, per condurlo, di consegna in consegna, alla morte. Sono le mani che lo depongono dalla Croce e lo conducono nel sepolcro. Ogni mano porta via con sé un aspetto di Gesù, un modo di “comprenderlo”, forse egoisticamente, che resta comunque un’ipotesi tra le ipotesi. Al v. 16 accade il miracolo. Gesù chiama per nome Maria. È qui che Maria finalmente si volta e lo riconosce. Più che un riconoscimento vero e proprio potremmo parlare di una progressione cognitiva, che prende tutti i sensi e che manifesta il suo culmine nell’esclamazione: ”Rabbunì= Maestro!”.

Si parla di progressione cognitiva, perché Maria, fuori di sé dalla gioia, vorrebbe “toccare” Colui che ha davanti, ma Gesù non glielo permette. Come mai Gesù frena l’entusiasmo di Maria? Come mai non va incontro al suo “bisogno affettivo”? La motivazione è data nella risposta del Signore. Egli non è ancora salito al Padre. Infatti, questo avvenimento da realizzarsi, cioè la salita di Gesù al Padre, diventa il cuore dell’annuncio che Maria è chiamata a portare ai discepoli: ”Salgo al Padre mio e Padre vostro!”. Non più, dunque, un tempo di incertezze o ipotesi, un tempo per afferrare Gesù, secondo il proprio bisogno o in base alla propria prospettiva. Se l’oggetto del kerygma, affidato a Maria di Magdala, è il “salire di Gesù” al Padre, bisogna appunto “salire”, per poterlo re-incontrare. Occorre cambiare dimensione e prospettiva, per entrare nella nuova logica del Corpo  Risorto di Cristo. Una logica, alla quale Maria e i discepoli dovranno imparare a ri-educarsi. Una nuova libertà, frutto di quel “rinascere dall’alto”, che Gesù aveva indicato a Nicodemo (Gv 3). Ri-educarsi alla nuova prospettiva sarà difficile e richiederà ancora tempo. Un tempo di attesa, fino all’invio definitivo del Paraclito.

Ora Maria può correre dai discepoli e può finalmente dire: ”Ho visto=eòraka (orào) il Signore. Niente più incertezze o ipotesi o mancanze da saziare con il tatto, bensì la nuova visione della realtà che chiede di vivere a un passo dal “cielo”, ma con i piedi ben saldi sulla terra.





 




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